Insistente trillava lo squillo,
buon amico altre volte però…
in quell’ultimo giorno di scuola
da noi tutti temuto suonò.
Tra i sorrisi e l’impaccio una voce
chiese muta – Che cosa si fa?!...-
Un fastidio … una morsa nel cuore …
-… Per domani?!... Non so… Si vedrà!... -
Come il vento disperde le foglie
ci dispersero i sogni qua e là …
Senza posa e tra tanti un ricordo…
- E i compagni? … domani?!… chissà! … -
So che oggi qualcuno è già pago
e che altri ha lasciato gli ormeggi
e c’è ancora chi insegue quei sogni
e chi cerca e chi ancora veleggia …
Ma so già che nel cuore di ognuno
vive desta in un canto l’attesa
e domani chissà…la sorpresa
che si torni in quei banchi di scuola!...
Per anni sei stata il mio obiettivo quotidiano,
per anni ti ho raggiunta, sempre,
insieme a tanti.
Oggi ho atteso che ci lasciassero soli.
Finalmente soli!
Ho chiuso la porta.
Nessuno ci disturberà.
Quanto sei bella!
Non te l’ho mai detto,
forse perché tra innamorati
è più eloquente il silenzio delle parole,
forse per pudore,
forse perché era così e basta.
Quanto ti ho amata e quanto ti amo ancora!
Amica e complice,
hai sempre colto e custodito i palpiti dei miei turbamenti,
i segreti delle mie pene giovanili.
Tacevi. Tacevo anch’io.
Ma oggi...
Oggi è il nostro ultimo giorno
e vorrei dirti tutte le parole
che non ti ho mai detto.
Parliamoci.
Parliamoci con il nostro silenzio pregno di tutto.
Permette, mademoiselle, quest’ultimo giro?
Un… due…tre… Un… due… tre
Quanti ricordi!
Quanti!
Un… due…tre… Un… due… tre
Domani spunterà un’alba nuova.
Sarà segnata dal nostro addio
ma non avrà lacrime.
Nuovi amori e nuove speranze ci attendono.
Lo sappiamo,
ma sappiamo pure quanto è doloroso
il distacco di chi si ama.
Noi, però, ci ritroveremo.
Ci ritroveremo sempre, ogni volta,
nell’oasi sospirata dei ricordi,
innamorati, più innamorati che mai.
Grazie, mademoiselle.
Grazie di cuore e non addio,
ma arrivederci.
La vita familiare e quella professionale mi aprono sempre più a nuove esperienze.
Correva l’anno 198…Fabrizio Frizzi, ospite in Ostuni per una puntata del suo programma per giovani, Il barattolo, mi offre l’occasione di stringere un gemellaggio tra la mia classe, che partecipava in diretta alla trasmissione in Piazza della Cattedrale, ed una di Santa Anastasia (NA) in contatto radio con la trasmissione.
L’esperienza viene, vissuta dalle due classi, la mia e quella di Santa Anastasia, dalle autorità locali e dagli abitanti tutti, in una corale ed entusiasta partecipazione. Nel giorno del congedo da Santa Anastasia, in onore nostro e a plauso della iniziativa, furono sparati fuochi pirotecnici che si chiusero con la scritta in cielo A rivederci Ostuni.
Il giorno del loro congedo da Ostuni noi salutammo i nostri amici di Santa Anastasia con questi miei versi.
È l’amore, la gioia di vivere
è la sete di umano
che ci tiene qui uniti?
Sì, è un amore grande
che ad ondate rigonfie
ci travolge e ci unisce…
Sì, è la gioia di vivere
che fa ressa nei cuori
e ci unisce.
Sì, è la sete di umano
che di tanti cuori
fa un cuore solo,
un cuore grande
senza confini…
Sì, è l’amore,
la gioia di vivere,
la sete di umano
che fa di tutti noi
un’anima sola.
un solo palpito…
che fa di questo giorno
un frammento di infinito,
di questa terra
un lembo di paradiso!
Ho gioito e sofferto per i miei alunni in ogni occasione in cui c’era da gioire o da soffrire. Quel giorno fui annientata da una notizia lacerante: Domenico è morto… è morto con la sua moto in un incidente!...
Domenico, un mio alunno dello scientifico, poco più che quindicenne!
Smarrimento, incredulità…dolore, impotenza.
Lo ricordo ancora con Il suo sorriso, le sue trovate, il suo essere simpaticamente ribelle.
Così ti ricordo, indomito ragazzo
dal cuore grande e pieno di bontà.
Sulla soglia aperta della casa mia
in quel giorno limpido di marzo,
Stringevi al petto un fascio di mimose
che ti copriva il volto sbarazzino.
Non visto tu spiavi sorridente
il moto di sorpresa sul mio viso
- Le ho rubate per voi - mi dicesti
rispondendo allo stupore mio.
Piegasti gli occhi allora ed arrossisti,
non per l’atto che in sé era proibito
ma per timore ch’io non le accettassi.
Piccolo ribelle tanto buono…
Amasti tu la vita proprio tanto,
la vita che con te fu ingrata tanto.
Fanciullo ancora e nei trastulli intento
la sorte ti rubò l’amato padre
Nel freddo tu cercasti le sue braccia
ma lui non corse al tuo accorato pianto.
Crescesti nel dolore col sorriso
celando la tua pena senza pianto.
Indomito cercasti dalla vita
il debito d’amor che ti doveva.
Lo rincorresti con accanimento,
restìo al morso, giovane puledro.
Nel cuore avevi sempre l’ardimento
negli occhi buoni tanto smarrimento.
Audace fu quel giorno la tua corsa
e nell’ebrezza libero ed ardito
poco più che un bambino ci lasciasti.
In quella primavera ottobrina
abbattesti l’austera staccionata
e, gridando vittoria sulla vita,
i pascoli del cielo guadagnasti.
Così io ti ricordo, mio fanciullo,
dal cuore buono e pieno d’ardimento,
con il sorriso dolce e sbarazzino
con gli occhi persi nello smarrimento.
Alla fine d’ogni anno, cari miei,
verso maggio un disagio ognor mi prende.
Astenia… malanno di stagione…
osteoporosi… età particolare?
Macché, macché, è cosa ancor più grave…
La chiama alcuno malattia di cuore,
altri la chiama sentimentalismo
di quello vieto del decadentismo.
Bisogna andare al tempo ormai passato
al primo giorno in cui noi ci incontrammo
L’aria avevate timida e spaurita,
attenti a compiacermi nel silenzio.
Io vi guardavo e progettavo in cuore
d’accompagnarvi verso il grande volo.
Abbiamo lavorato tutti quanti
in questi anni veloci ormai passati.
Al fine siete giunti alla meta
a volte arditi, a volte titubanti,
a volte tra il sorriso ed una lode,
tal altra col rimbrotto e nel timore.
Senza remora alcuna, vi confesso,
forte una stretta al petto qui mi prende.
Vi guardo tutti quanti ad uno ad uno
e in voi ravviso, docile e spaurito,
l’adolescente dalle medie uscito.
Ricordate quel giorno ormai lontano
quando burbera entrai nella classe.
Sguardo severo e le parole asciutte,
sul nascere smorzando ogni impennata?
E voi, miei cari, zitti ascoltavate,
con aria intimorita tacevate.
Ricordo ad uno ad uno i vostri visi.
Su qualcuno coglievo i segni ancora
di un’infanzia più lenta a scomparire,
su altri già notavo la presenza
dell’impaziente e balda giovinezza.
Sul viso tuo notavo la barbetta
che tu ostentavi a tutti a pieno petto
che non sfuggisse proprio a nessuna
che già eri uomo senza ombra alcuna.
Tacita ti spiavo di soppiatto
e ti vedevo, ragazzetta mia,
raccogliere i capelli civettuoli,
stringere ancor di più il corpetto in vita,
nascondere i tuoi anni con la cipria
per fingerti procace signorina.
Tenera eri come un fiore in boccio
e tu spavaldo come un bel bambino.
Vi sorprendevo insieme a divorare
un metro di focaccia e poi quant’altro
per soffocare il cuore scalpitante
che solo con la fame si acquetava.
Se il carico dei compiti era grande
tutti a plotone venivate avanti.
Motivi di salute e di famiglia
siglata dalla firma di un parente,
a volte vera, a volte imitazione,
questa era sempre la motivazione.
- Domani tutti interrogo a tappeto
su Dante, su Petrarca e Guicciardini
sull’Ariosto, Alfieri e poi il Parini…
Questo e quant’altro in più mettete in conto…
Non sono intenzionata a fare sconto! -
Spiegavo e si spandevano gli effluvi
di lacca, di profumi e dopo barba
dell’uomo che non deve chieder mai
di quello che passando le stramazza.
Che dire delle occhiate femminili
della maliarda che guardando ammazza
della donna fatale e misteriosa
che con lo sguardo i cuori stronca e uccide
forte e letale come un tarmicida?
Cercavo di portarvi a bassa quota
di ricondurvi ai morti venerandi
che dai libri tuonavano a gran voce
- virtù, severità e sacrificio…
La vita è una fucina, è un opificio!!! -
Venne il diciotto della redenzione,
quello dell’anno lungamente atteso.
- La prego di voler giustificare
l’assenza mia, la mia impreparazione…
Ho diciott’anni, sono maggiorenne.
Posso firmare anch’io finalmente! -
Incredula guardavo, un po’ sgomenta
il timido ragazzo di una volta.
Quante cose la scuola vi ha insegnato
cortei, scioperi in massa, autogestioni,
ponti insperati per i dì di sole!
Quante cose la scuola vi ha donato!
L’incontro con il primo grande amore,
ad inseguire i sogni dentro il cuore.
Ed eccoci stasera tutti quanti
Riuniti insieme qui, tutti festanti.
Ma prima che finisca il gran convito
vorrei ancora dirvi tante cose,
forse non dette, forse dette a iosa.
Vorrei ancora tendervi la mano
e incoraggiarvi ancora nel cammino.
Andate, amici miei, il mondo è grande…
È vostro, se davvero lo vorrete…
e, se per caso un poco vi fermaste,
forse un po’ stanchi, forse un po’ così,
tornate con il cuore a questo istante.
Un volto, un riso, un guardo troverete
che vi darà vigore e tanta fede.
Tra tanti troverete anche il mio viso
che vi darà conforto ed un sorriso.